Sacra di San Michele, l’abbazia e le leggende del Piemonte

Sacra di San Michele, l’abbazia e le leggende del Piemonte


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La Sacra di San Michele è un luogo meraviglioso e denso di spiritualità, così fortemente suggestivo da avere ispirato Umberto Eco nella stesura de Il nome della rosa, per le sue atmosfere gotiche e l’inaccessibilità al luogo.

Per arrivarci bisogna salire fino alla cima del Monte Pirchiriano, lungo la strada immersa nei boschi, spesso immersa nella nebbiolina provocata dall’altitudine. La Sacra si trova infatti a 690 metri, dove inizia la Val Susa e termina la pianura torinese ed iniziano ad innalzarsi le Alpi Cozie.

Il luogo è sempre stato cruciale: in epoca romana vi si trovava un presidio militare a controllo della via per le Gallie e poi lo stesso castrum fu utilizzato dai Longobardi per il medesimo motivo.

La Sacra di San Michele

La storia della Sacra di San Michele

Ma la costruzione della chiesa iniziò con San Giovanni Vincenzo, arcivescovo di Ravenna, arrivato in Piemonte per condurre una vita da eremita. Secondo la leggenda gli apparve in sogno San Michel che gli ordinò di erigere un santuario in suo onore. Alla fine del X secolo iniziarono così le opere di costruzione in quel luogo davvero inaccessibile.

Nell’ XI secolo il santuario fu custodito dai monaci Benedettini che qui ebbero il loro monastero e praticarono tante attività, tra le quali quella di accoglienza dei tanti pellegrini che vi giungevano percorrendo la Via Francigena del Moncenisio.

La chiesa, un capolavoro dell’arte romanico-gotica, nei secoli viene ampliata e abbellita: Il Monastero Nuovo, costruito tra il XII e il XIV secolo sul lato nord della sacra, era la parte destinata alla vita dei monaci e disponeva di tutte le strutture ad essi necessarie: le celle, la biblioteca, la cucina, il refettorio e le officine. Oggi del monastero rimangono le rovine da cui però si può immaginare la grandezza e la magnificenza della costruzione all’epoca. Rimangono visibili oggi: mura, pietre, archi e muraglioni.

Durante la visita  è facile restare colpiti dalla bellezza degli originali archi rampanti, dalla maestosa semplicità della costruzione a picco sulla pianura, che sembra una fortezza avvolta dalle nuvole, davvero molto affascinante.

Si sale ancora e una volta varcato il portone principale si trova  “Lo Scalone dei Morti”, ripido ed austero, parzialmente ricavato dalla roccia del Monte Pirchiriano, che diventa come un pilastro portante della struttura. Viene così denominato perché nella nicchia centrale fino al 1936 erano custoditi alcuni scheletri di monaci!

Troviamo poi il  “Portone dello Zodiaco”, opera romanica scolpita dal Maestro Nicolao, famoso architetto-scultore piacentino.

Il “punto energetico”

All’ingresso dell’Abbazia si dice sia situato un “punto energetico”, collocato proprio sotto una piccola piastrella facilmente distinguibile in quanto più chiara rispetto alle altre piastrelle.

L’ambiente infine, molto sobrio e allo stesso tempo severo è decorato da affreschi molto antichi e alcuni quadri. Il gioco di ombre e le altezze delle arcate creano un’atmosfera davvero particolare e suggestiva.

Il periodo di massimo splendore fu la metà del XIII secolo, quando lo stile della costruzione acquistò anche elementi del gotico francese. Poi, nel XIV secolo cominciò il declino, dovuto ad guerre, invasioni, complicazioni ereditarie e politiche dei sovrani.

Fino al 1800 non si vedrà risorgere il prestigio della Sacra San Michele, che si verificò grazie a Carlo Alberto di Savoia quando nel 1836 vi installò la Congregazione dei Rosminiani.

La leggenda della Torre della bella Alda

Nel 2018 un incendio devasta il tetto del monastero vecchio e anche alcune parti in rovina come la Torre della bella Alda.

La leggenda narra che durante uno dei tanti periodi di incursioni e saccheggi da parte di eserciti mercenari in valle, una bellissima ragazza, Alda, fosse riuscita a sottrarsi alla violenza dirigendosi verso la torre e buttandosi sotto.

Preferì la morte ai suoi aggressori. La Madonna le mandò in aiuto due angeli che la sorressero durante l’infinita caduta depositandola a terra. Alda non riuscì a resistere alla tentazione di vantarsi del miracolo ricevuto e, subito dopo, andò in giro a raccontare la sua impresa. Visto che nessuno le credeva, la ragazza decise di ritentare il salto nel vuoto. Questa volta però gli angeli, per punirla dalla sua superbia, non l’aiutarono, cosi morì.

La leggenda specifica che tutto ciò che rimase della Bell’Alda fu un misero pezzettino di orecchio. Ancora oggi sulla pietra sulla quale la leggenda vuole che la fanciulla si schiantò, è presente una croce in sua eterna memoria.