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Biathlon: la festa mondiale di Anterselva rovinata dal doping

Biathlon: la festa mondiale di Anterselva rovinata dal doping


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Dall’Epo all’oro, tra i fischi: ai Mondiali di biathlon di Anterselva è riesplosa la polemica (e la piaga) del doping. Colpa della solita giustizia in ritardo e ad orologeria, che per l’ennesima volta fa parlare atleti e appassionati di inchieste e squalifiche (insomma, non certo di sport pulito) e non di imprese in una grande manifestazione. La Sprint maschile dello sport che unisce fondo e tiro a segno fa esplodere tutto per la terribile coincidenza tra l’annuncio, da parte della federbiathlon internazionale (Ibu), della squalifica “postuma” dei russi Evgeny Ustyugov e Svetlana Sleptsova (steroidi emersi dopo riesami di campioni del 2013), e la vittoria del loro connazionale Alexander Loginov, uno che nel 2016 ha scontato due anni per doping (Epo, appunto), scoperto dopo il promo scandalo Sochi 2014 e i successivi nuovi controlli su vecchi campioni di urine congelati. Il Doping di Stato certificato dal famoso Rapporto McLaren che in dicembre ha portato il Cio a bandire la Russia per quattro anni dalle grandi manifestazioni internazionali.

Perché allora qui gareggia? Perché si attende il ricorso al Tas. E bisognava proprio annunciare il provvedimento contro Ustyugov ora? È quello che denuncia Martin Fourcade, il 31enne fenomeno francese, bronzo dietro la compagno di squadra Fillon Maillet. <Un’altra festa rovinata, un altro Mondiale nel quale si parla di doping e non di imprese: dobbiamo voltare pagina, invece il biathlon non riesce ad andare oltre> dice scuotendo la testa dopo aver conquistato la sua 28ª medaglia iridata e aver saputo di aver conquistato un oro olimpico (il sesto) proprio per la sanzione a Ustyugov, che verrà retrodatata al 2010 (Vancouver).

Fourcade non ha avuto neppure la forza di abbandonare il podio in segno di protesta, come fece ai Mondiali di Hochfielzen 2017 dopo la staffetta mista per non condividerlo con i russi. Loginov compreso. Il quale è stato fischiato all’arrivo dal pubblico, mentre i fratelli norvegesi Boe, rimasti ai piedi del podio, tuonavano. <È una questione di giustizia – le parole di Tarjei, quarto davanti a Johannes -. Lavoriamo e viviamo con l’obiettivo di combattere per le medaglie. Pensi di averla acciuffata, poi arriva il russo che non avremmo voluto vedere nemmeno al via. È difficile da accettare>.