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Pulici compie 70 anni: una vita con il Toro nel sangue

Pulici compie 70 anni: una vita con il Toro nel sangue


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Lunedì 27 aprile, Paolo Pulici spegne 70 candeline. La pandemia da Coronavirus che ha bloccato non solo l’Italia, ma praticamente tutto il mondo, impedisce agli storici compagni di partecipare alla festa del bomber dell’ultimo scudetto del Torino, che risale al campionato 1975-76, quando i granata riuscirono a battere nella volata tricolore la rivale di sempre (e cittafina) Juventus. E non potranno esserci neanche gli altri ex compagni dei quindici anni trascorsi con la maglia del toro rampante, che lui stesso sente come una seconda pelle.

«L’unico grande rammarico della mia carriera è quello di non aver potuto concluderla con la maglia del Toro – racconta “Puliciclone”, il soprannome che gli affibbiò Gianni Brera -. Per la dirigenza granata a 32 anni ero giudicato troppo vecchio per continuare a giocare nel Toro, anche se al mio posto presero un altro attaccante (Selvaggi, ndr) che ne aveva quasi trenta». La carriera di Pulici (oltre 500 gare più 19 in azzurro), iniziata nel Legnano, è terminata infatti con l’Udinese e la Fiorentina, ma è legata quasi interamente al Toro, dove oltre allo scudetto, ha vinto due Coppe Italia, tre titoli di capocannoniere (172 gol in granata, nessuno come lui) formando insieme a Ciccio Graziani la memorabile coppia ribattezzata “I gemelli del gol”. «Lui faceva più movimento e per questo talvolta perdeva un po’ di lucidità sotto porta – racconta Pulici -. A me era proibito oltrepassare all’indietro la linea di metà campo, il mio compito era quello di essere implacabile in zona gol. Per questo, a chi mi domanda se mi rivedo in Belotti dico che per il suo modo di giocare molto generoso ha più analogie con Ciccio».

Pulici dice la sua anche sulla ripresa del campionato. «Sarebbe più che altro per ragioni economiche – afferma -. Disputare le partite a porte chiuse avrebbe poco senso. E senza tenere conto dei tifosi che hanno comprato gli abbonamenti. Tutto risulterebbe falsato. La soluzione più sensata sarebbe invalidare il campionato». Infine l’opinione sul suo Toro, che il 4 maggio festeggerà uno strano anniversario della tragedia di Superga. «E’ una situazione difficile da decifrare dall’esterno. Ha iniziato la stagione con degli obiettivi ambiziosi, ma forse poi si è rotto qualcosa all’interno della squadra, ma se devo essere sincero seguo poco le partire del campionato italiano. Trovo il nostro calcio lento e noioso, dove prevalgono tatticismo e paura di perdere, a differenza da quello inglese. Pensare che quando giocavo, allenatori come Rocco o Trapattoni venivano etichettati come dei difensivisti. Le loro squadre invece creavano 40-50 azioni da gol in ogni partita».